Quando Ulrich contemplava un fiore – abitudine nuova in lui un tempo così impaziente – era qualche volta un’osservazione senza fine e, per dir tutto, senza principio. Se per caso ne conosceva il nome, era un salvataggio dal mare dell’infinito. Allora le stelline auree su uno stelo nudo volevano dire «botton d’oro» e quelle foglie e corimbi precoci erano «lilla». Se invece il nome gli era ignoto chiamava il giardiniere; allora il vecchio pronunciava un nome sconosciuto, tutto era a posto, e l’antichissima magia del possesso della parola esatta che protegge contro l’indomata selvatichezza delle cose esercitava il suo potere lenitivo come diecimila anni fa. L'uomo senza qualità, 1930-1933.