Ho passato in rassegna gli angeli di mia conoscenza, disegnati, dipinti, descritti, narrati, da quelli di Melozzo a quelli di Cocteau, di Pederiali. E mi sono soffermato
sull'Angelo ferito (1903) del simbolista Hugo Simberg, conservato
all'Ateneum Art Museum di Helsinki: due bambini trasportano su una
rudimentale barella un angioletto biancovestito con la fronte bendata.
L'angelo è seduto e si regge con le mani alle stanghe. Le tre figure
attraversano un paesaggio lacustre. Il piccolo ferito, mi viene da
pensare, può ancora essere risanato e le sue ali ancora aprirsi
nell'aria. L'angelo morto di Campanino, invece, collocato in un
paesaggio urbano, buttato su un marciapiede, non ha più le sembianze
tradizionali dei volatori celesti. Anzi, non ha quasi più sembianze
umane. Assomiglia a un manichino disarticolato, un grottesco pupazzo, un
rottame, «la più scontata delle cose».
Aveva fatto la sua prima comparsa nel 2013 nella collana di poesia «Opera Prima» delle edizioni veronesi Anterem con una premessa di Flavio Ermini, una postafazione di Carla De Bellis e un disegno di Roberto Sanesi. Una nuova edizione riveduta dall'autore, sempre in ventiquattro segmenti, con lievi ritocchi, è uscita presso L'arcolaio di Forlì nella collana «I Codici del '900» diretta da Gianfranco Fabbri, con prefazione di Ermini e disegni di Barbara Cotignoli. Il poeta indugia sull'angelo morto compilando un minuzioso inventario di tutto ciò che quel corpo inerte non è. Privo di suggestioni simboliche (la sua mano non ha fori, non è stata trapassata da un chiodo), privo di tratti naturalistici (non un gonfiore, non una piaga, non emana fetore). Asettico, impermeabile, asessuato, informe, semplicemente non è. «Per mancanza di esistenza». Nelle sue spoglie mortali, segnate dalla negatività, si coglie l'annullamento dell'uomo o la sua (momentanea?) sconfitta.
I disegni in bianco e nero, a matita, biro e inchiostro di china, seguono lo sguardo indagatore di Campanino, e rappresentano l'inusitato reperto nei particolari anatomici o a figura intera, di scorcio: un ritorno dell'artista massese al suo stile più autentico, quello delle opere d'esordio, negli anni Novanta, e di certi nudi graffiati e violati che abbiamo visto più di recente.
Loris Rambelli, marzo 2018
Online:
Aveva fatto la sua prima comparsa nel 2013 nella collana di poesia «Opera Prima» delle edizioni veronesi Anterem con una premessa di Flavio Ermini, una postafazione di Carla De Bellis e un disegno di Roberto Sanesi. Una nuova edizione riveduta dall'autore, sempre in ventiquattro segmenti, con lievi ritocchi, è uscita presso L'arcolaio di Forlì nella collana «I Codici del '900» diretta da Gianfranco Fabbri, con prefazione di Ermini e disegni di Barbara Cotignoli. Il poeta indugia sull'angelo morto compilando un minuzioso inventario di tutto ciò che quel corpo inerte non è. Privo di suggestioni simboliche (la sua mano non ha fori, non è stata trapassata da un chiodo), privo di tratti naturalistici (non un gonfiore, non una piaga, non emana fetore). Asettico, impermeabile, asessuato, informe, semplicemente non è. «Per mancanza di esistenza». Nelle sue spoglie mortali, segnate dalla negatività, si coglie l'annullamento dell'uomo o la sua (momentanea?) sconfitta.
I disegni in bianco e nero, a matita, biro e inchiostro di china, seguono lo sguardo indagatore di Campanino, e rappresentano l'inusitato reperto nei particolari anatomici o a figura intera, di scorcio: un ritorno dell'artista massese al suo stile più autentico, quello delle opere d'esordio, negli anni Novanta, e di certi nudi graffiati e violati che abbiamo visto più di recente.
Loris Rambelli, marzo 2018
Online:
Mario Campanino, L'angelo morto, prefazione di Flavio
Ermini, immagine di copertina e disegni interni di Barbara Cotignoli, «I Codici del '900», Forlì,
L'arcolaio, 2017, pp. 55, euro 10,00.
mamma mia....struggente recensione di un opera struggentemente bella, bravo Mario!
RispondiEliminaGrazie Marisa. Sì, Loris è una profonda e tanto cara persona.
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